Dal 6 al 20 novembre si è tenuta la conferenza delle parti (COP) numero 27, un incontro periodico tra le circa 200 nazioni che aderiscono alla lotta contro il cambiamento climatico. Si tratta essenzialmente di una verifica su quanto fatto finora in materia di clima per impedire che il riscaldamento dell’atmosfera terrestre superi di 1,5 gradi le temperature medie del periodo preindustriale . In caso contrario, cioè con un aumento superiore ad 1,5 gradi, gli attuali problemi climatici (scarsità di precipitazioni oppure piogge dirompenti con allagamenti e frane, temperature mai registrate prima in parecchie aree della terra, aridità che danneggia l’agricoltura, uragani, stagioni sconvolte, scioglimento dei ghiacciai… ecc) diventeranno la regola, anzi peggioreranno. Il 2022 si avvia a diventare l’anno più caldo degli ultimi due secoli e le previsioni fanno temere che questo sia solo il primo, e forse non il peggiore, di un periodo di surriscaldamento terrestre irreversibile (almeno a breve termine). La conferenza di Parigi del 2015, cui avevano partecipato circa 200 nazioni della terra, tracciò le linee guida dell’azione di contenimento climatico. Ma a sconvolgere i programmi sono in seguito intervenuti alcuni fatti come l’attuale guerra in Ucraina ed il ritiro dagli accordi di Parigi da parte di Trump nel 2020, motivandolo con la perdita di posti di lavoro e con danni all’economia degli Stati Uniti. Ma procediamo con ordine. Perché si chiama Cop 27? Nel 1995 si tenne a Berlino la Conferenza Delle Parti (COP) numero 1 organizzata dall’ONU per combattere il riscaldamento globale che si andava ormai chiaramente delineando come un problema, probabilmente il più grave, per il futuro dell’umanità. Dopo di allora, periodicamente e quasi ogni anno, se ne svolsero altri 26. I più importanti furono, in ordine di tempo, quello di Kyoto ( Giappone 1996) dove si stabilì per la prima volta la necessità di limitare l’emissione di gas serra, in buona parte prodotti dall’uso di combustibili fossili quali petrolio, gas e carbone. Però nazioni come gli USA ed il Canada si rifiutarono di ratificare l’accordo. Nel 2009 a Copenaghen, dove si svolse il Cop 15, venne introdotta la necessità di non superare i 2 gradi di aumento delle temperature del pianeta. Ma il principio non fu reso vincolante e nemmeno operativo. Nel 2015 ebbe luogo a Parigi la ventunesima Cop che ottenne un successo diplomatico in quanto vi aderirono quasi tutte le nazioni del mondo, ponendo l’asticella del riscaldamento globale non più a 2 gradi ma addirittura ad un grado e mezzo oltre la media dell’epoca preindustriale (cioè il periodo che va dal 1850 al 1900). Per raggiungere lo scopo sarebbe stato necessario mettere al bando il più presto possibile i combustibili fossili usati per la produzione di energia e per il trasporto. Però, come detto in precedenza, nel 2020 gli USA di Trump fecero marcia

indietro sull’accordo.

Nel frattempo la temperatura media del pianeta ha già superato di un grado abbondante i livelli del periodo preindustriale. Un grado sembra poco ma stiamo già verificandone le conseguenze. I ghiacciai sono in gran parte spariti dalle Alpi e quelli polari si stanno sciogliendo a gran velocità. Ciò provocherà l’innalzamento del livello delle acque negli oceani oltre ad eventi atmosferici insoliti, di carattere tropicale, anche nelle zone temperate come la nostra. Con prospettive di peggioramento nel prossimo futuro. Neppure gli esperti si attendevano una escalation climatica tanto rapida.

E siamo alla COP numero 27 di questi giorni. Una notizia buona è che Biden, il presidente americano, ha deciso di rientrare negli accordi di Parigi dichiarando che “ faremo la nostra parte per evitare la catastrofe climatica” e promettendo un investimento futuro di ben 370 miliardi per ridurre le emissioni di CO2. La notizia cattiva è che le due nazioni più inquinanti del pianeta, cioè la Cina e l’India che sommate insieme rappresentano più di un terzo degli abitanti del pianeta, non sono intervenute ufficialmente al convegno ma si sono limitate ad inviare una delegazione. Questi due stati ricevono attualmente dalla Russia il gas ed il petrolio a prezzi stracciati e probabilmente non intendono farne a meno nell’immediato. Ed anche in Unione Europea, che fatica a rifornirsi degli idrocarburi necessari in quanto Putin li sta usando come arma di ricatto, siamo tornati a riaccendere le centrali a carbone, le più inquinanti, che in precedenza avevamo spento. Col risultato che le emissioni in atmosfera, anziché diminuire, aumenteranno ulteriormente. “ Abbiamo imboccato l’autostrada verso l’inferno climatico” ha dichiarato in apertura di Cop 27 il segretario generale dell’ONU, il portoghese Guterrez. Non più mezze affermazioni ma previsioni ultimative e catastrofiche. Ma l’umanità continua a fare tranquillamente ciò che ha sempre fatto, come se il problema neppure esistesse. Quindi ce ne renderemo conto solo quando probabilmente non sarà più risolvibile.

Che cosa si potrebbe fare per rimediare alla situazione? Lo sappiamo tutti: risparmio energetico e grande accelerazione sulle energie rinnovabili (solare, eolica, geotermica, delle maree, idroelettrica..ecc). Ci sono ostacoli sulla strada verso le rinnovabili? Parecchi. In primis le compagnie petrolifere che vedono in pericolo i loro interessi. E’ stato calcolato che negli ultimi 50 anni l’industria del petrolio ha guadagnato circa 3 miliardi al giorno, “abbastanza per comperare ogni politico”. Infatti alla Cop 27 sono presenti 636 lobbisti dell’industria fossile: nessun paese al mondo ha inviato un così grande numero di delegati a questa riunione. Quei 636 sono lì esclusivamente per difendere gli interessi del settore idrocarburi e carbone. Come ha affermato in una trasmissione televisiva il geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi “finché ci sarà una goccia di petrolio sul mercato,non si procederà ad un serio impegno verso il cambiamento”. Perciò dovremo attendere con pazienza che le rinnovabili riescano gradualmente ma, in un tempo ragionevole, a sostituire le fossili. Sull’altra fonte energetica potenzialmente a zero emissioni in atmosfera, cioè il nucleare di nuova generazione, il discorso è complesso. Le centrali a fissione attualmente in uso generano scorie che rimarranno radioattive per molte migliaia di anni: quindi non conviene proseguire su quella strada. In un futuro non ancora definito si prospetta l’impiego delle centrali nucleari di quarta generazione che produrrebbero meno scorie delle attuali. Ma, soprattutto, sembra in dirittura di arrivo la sperimentazione di quelle a fissione che non dovrebbero generarne affatto. Quando tutto ciò? Si calcola che ci vorranno almeno due, tre decenni. E la Terra non può attendere tanto. Soprattutto l’umanità e le altre forme di vita non possono più aspettare.

20 novembre, conclusione della Cop 27: 1) è stato raggiunto l’accordo sulla necessità di indennizzare i paesi più poveri danneggiati dai cambiamenti climatici ma non è stata quantificata la cifra dell’indennizzo. 2) nulla di fatto sulla limitazione delle emissioni di CO2. L’argomento più importante, questo, è rinviato alla Cop 28.

Conferenza delle parti numero 27, quasi inutile.

O.B.

Categorie: pianeta

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